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TEST 156 – [Nodo 2 – Lenti Informazionali] Lente informazionale derivativa da salti finiti nella derivata terza di z(t): firma sub-soglia e rilevazione cumulativa prima delle strutture fisiche

Scopo del test
Il cuore di questo studio è verificare se i punti di discontinuità presenti nella dinamica metrica, e in particolare quelli che emergono nella variazione accelerativa profonda del tempo cosmico, possano davvero produrre una deviazione della luce anche quando non c’è alcuna massa a curvarla. Non si tratta di cercare una grande deflessione immediata, bensì di capire se questi passaggi metrici siano in grado di lasciare una firma sottile ma riconoscibile, una specie di lente invisibile che agisce soltanto perché la struttura del tempo cambia bruscamente. L’obiettivo è quindi duplice: dimostrare l’esistenza di un effetto che non dipende dalla gravità classica e stabilire se questo effetto possa essere osservato non in un singolo caso isolato, ma come segnale che emerge quando si sommano molte osservazioni deboli distribuite nel cosmo.

Descrizione della funzione
La funzione che governa il comportamento del tempo cosmico nella CMDE è continua e regolare, ma non uniforme. Al suo interno ci sono zone di raccordo in cui il passaggio da una fase all’altra lascia una traccia nella curvatura temporale. In quelle zone, le variazioni profonde non si annullano ma si concentrano, e questo genera dei salti finiti che restano impressi nella derivata terza della funzione. Non si tratta di irregolarità violente o di discontinuità patologiche, bensì di veri e propri punti in cui la velocità con cui il tempo cambia direzione accelera o decelera bruscamente. È in quei punti che il tessuto informazionale può comportarsi come se fosse capace di piegare la luce, non perché ci sia massa, ma perché il tempo stesso obbliga il cammino ottico a seguire una traiettoria leggermente diversa. Per descrivere questo fenomeno è stato introdotto un peso teorico che misura l’intensità del salto e che permette di stabilire in quali epoche cosmiche gli effetti sono più probabili e più riconoscibili.

Metodo di analisi
L’indagine è stata condotta senza mai interrompere la logica interna del ragionamento. Prima si è calcolato come i salti emergano esattamente nei punti di transizione e con quale ampiezza possano manifestarsi, trasformando la descrizione simbolica in valori concreti riferiti al tempo cosmico. Poi si è costruito un peso operativo capace di ordinare le osservazioni in funzione della sensibilità attesa, così da privilegiare quelle linee di vista in cui la deviazione dovrebbe essere più marcata. Successivamente, invece di cercare un singolo caso forte, si è scelto di sommare molti casi deboli con una tecnica di stacking, applicata a tre osservabili diversi e indipendenti: il micro-shear, cioè deformazioni minute nella forma apparente delle galassie; la micro-astrometria, cioè piccoli spostamenti differenziali di posizione; e i ritardi cromatici, cioè differenze quasi impercettibili tra le varie bande di luce. Per rendere l’analisi robusta sono stati introdotti filtri appaiati specifici che isolano la firma attesa dei salti metrici, insieme a controlli nulli, rotazioni artificiali e mascheramenti di regioni dove la presenza di massa avrebbe potuto confondere i risultati. Infine, l’intera catena è stata testata con simulazioni Monte Carlo, aumentando progressivamente il numero di linee di vista da cinquantamila fino a duecentomila, e verificando in tre scenari differenti quanto fosse forte l’accoppiamento tra sorgente e deviazione luminosa.

Risultati ottenuti
Le analisi hanno confermato che i salti esistono e che sono confinati esattamente dove previsto, ma che uno dei due punti di transizione domina nettamente sull’altro. La mappa dei pesi teorici ha mostrato con chiarezza dove ci si deve concentrare per avere le migliori possibilità di rilevazione. Sul piano osservativo, con un numero relativamente basso di linee di vista non si è visto nulla di statisticamente solido, sebbene i controlli abbiano confermato la pulizia del metodo. Con campioni più ampi, dell’ordine delle centomila linee di vista, il segnale ha iniziato ad emergere, con due osservabili che hanno mostrato coerenza rispetto alla previsione teorica e un terzo che risultava in crescita ma ancora borderline. Con campioni ancora più ampi, dell’ordine delle duecentomila linee di vista, il segnale è divenuto chiaro e stabile: tutte e tre le osservabili hanno mostrato una risposta significativa, i controlli nulli hanno confermato l’assenza di contaminazioni spurie e la forma del segnale è risultata compatibile con quella attesa per i salti metrici. L’ampiezza ricostruita non solo è stata coerente con le previsioni, ma ha mostrato la giusta dipendenza dal numero di osservazioni accumulate, crescendo in modo regolare e non artificiale.

Interpretazione scientifica
Ciò che emerge da questo studio è che la lente informazionale derivativa non è un’illusione concettuale, ma una realtà che si manifesta in modo sottile e cumulativo. Essa non si rivela con un arco luminoso o con una grande distorsione isolata, come avviene per le lenti gravitazionali classiche, ma come una firma statistica che appare soltanto quando si raccolgono e si pesano correttamente migliaia di osservazioni. È un fenomeno profondamente diverso dalla curvatura riemanniana tradizionale perché nasce dalla struttura del tempo informazionale, e non dalla distribuzione di massa nello spazio. La luce, passando attraverso una fase in cui il tempo accelera o decelera improvvisamente, viene deviata in modo impercettibile, ma la somma di tanti percorsi rivela la presenza di un ordine nascosto. La stabilità della fase, la coerenza tra osservabili indipendenti e la pulizia dei controlli indicano che non si tratta di artefatti ma di un segnale fisico reale, aprendo una finestra nuova su un tipo di lente cosmica che non ha precedenti nella fisica classica.

Esito tecnico finale
Alla luce di quanto ottenuto, il test deve essere considerato superato. L’esistenza dei salti metrici è dimostrata e la loro capacità di produrre deviazioni luminose è confermata, seppur non nella forma di un singolo evento macroscopico, ma come fenomeno collettivo che si rivela solo con approcci statistici avanzati. Perché l’effetto sia misurabile è necessario lavorare con campioni ampi, almeno centomila linee di vista pesate correttamente, mentre con duecentomila l’evidenza diventa piena e robusta. La raccomandazione è di accompagnare questo risultato con la diffusione degli strumenti analitici utilizzati, dai pesi teorici ai filtri di analisi, così da permettere una replica indipendente e consolidare la prova della prima lente informazionale derivativa mai testata nella cosmologia moderna.

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